Magic mountain collective

Rifugio Torino

Si definisce “gardien”, custode di rifugi. Armando Chanoine è il gestore del Rifugio Torino ubicato a 3375 metri di altitudine nei pressi del Colle del Gigante, nel massiccio del Monte Bianco. Se c’è un posto che esprime in modo esemplare l’essenza della montagna e la storia dell’alpinismo, quello è certamente il Rifugio Torino. Luogo storico, nato come rifugio-albergo d’alta quota nel lontano 1898 (il rifugio vecchio potrebbe diventare presto un museo in alta montagna, per iniziativa della sezione del Cai di Torino che è proprietario del Rifugio nuovo), nel 1952 trovò nuova collocazione in un’altra struttura edificata nel posto in cui è presente ancora oggi. Il Rifugio Torino nuovo dagli anni Cinquanta non fu oggetto di lavori particolarmente importanti, fino al 2015 con una grossa opera di ristrutturazione che portò alla riapertura insieme all’innovativa funivia Skyway Monte Bianco che collega la stazione di partenza di Courmayeur con Punta Helbronner.
Armando, guida alpina, maestro di sci, un passato da trailer (ha partecipato anche al Tor des Géants una delle più dure gare di trail in montagna), montanaro come ce ne sono ormai più pochi, ha assunto la gestione del Rifugio Torino dall’inverno del 2013. Sette anni in cui, grazie al sostegno di una persona per lui importante come Osvaldo Marengo, vicepresidente del Cai Torino, ha lavorato instancabilmente per rendere questo rifugio “estremo” sempre più accogliente, sia per i visitatori del weekend che per gli alpinisti o per gli sciatori e scialpinisti che pernottano qui prima di compiere un’ascensione o una discesa sugli sci di impareggiabile bellezza come la Vallée Blanche.
Armando è uomo allenato a stare in alta montagna, ci è cresciuto. Giù in paese, a Morgex, dove sua moglie gestisce il bar gelateria Pilier Central, tutti lo salutano, è un po’ un riferimento per la comunità. La sua vita però sembra essere sempre proiettata verso le cime delle montagne. Tra i ghiacci del Monte Bianco. Un ambiente incontaminato dove il tempo si è cristallizzato. Le tracce conducono alle origini dell’alpinismo. «I ghiacciai manifestavano una presa di possesso dell’alta montagna sopra le valli», ha scritto Gsston Rebuffat nel suo libro autobiografico “La montagna è il mio mondo”, «la caduta dei seracchi, le sacche di acque glaciali che si rompevano, le valanghe, erano pericoli considerevoli. Ciò nonostante alcuni arditi cercatori di cristalli si avventuravano in alta quota. Sul loro cammino contemplavano i seracchi dalle tinte delicate e i crepacci spalancati, da dove saliva un silenzio misterioso».
Lavorare in un rifugio di questo tipo non è semplice. A parole tutti sono bravi. Quando poi ci si rapporta concretamente con un territorio complesso come quello dell’alta montagna, tutto cambia. La riapertura del rifugio nel cuore dell’inverno per esempio è sempre un’incognita. Tubi ghiacciati, l’accumulo di neve all’esterno che impedisce perfino l’accesso. Quando si tratta di ripartire in pieno inverno (come succede al Torino ogni anno a ridosso del Natale) è sempre problematico. «Bisogna vedere se si riesce a spalare via la neve che si è accumulata e dipenda da quanta ne è venuta giù» racconta Armando, padre di famiglia, una bella squadra composta da Fabienne, Véronique, Jean-Marc, Jacques e Didier, tutti appassionati di sport invernali, i ragazzi più giovani danno una mano ad Armando spesso per i lavori al rifugio, anche al Monzino, l’altro posto storico, di proprietà della Società delle Guide di Courmayeur, gestito dal 2008 dalla famiglia Chanoine. «I lavori nei rifugi non finiscono mai e al Torino prima dell’apertura invernale abbiamo predisposto i cavi riscaldanti per favorire lo scioglimento della neve ed il recupero dell’acqua. Poi ci sono cose che ci sorprendono ogni volta. Quando quassù succede di vedere il sole è sempre uno spettacolo come è bello accogliere i clienti al Rifugio col panorama di Punta Helbronner». Lassù in alto sulle grandi montagne Armando si è spinto molte volte. Con gli amici di Chamonix Pierre Carrier e Christophe Profit l’anno scorso ha scalato la cresta Signal alla Gnifetti, tre giorni di montagna deserta senza nessuno, un viaggio d’altri tempi. Profit è un personaggio leggendario, uno dei nomi più in vista dell’alpinismo francese, guida alpina, ha compiuto importanti ascensioni di estrema difficoltà in particolare la salita in free solo del Petit Dru in poco più di tre ore nel 1982 o la prima solitaria invernale della Cresta integrale di Peutérey nel gruppo del Monte Bianco, nel 1984. Anche Carrier, vecchio amico di Armando, proprietario dell’hotel Albert 1er e del ristorante Maison Carrier a Chamonix, ha all’attivo diverse salite di rango sempre realizzate insieme a Profit. Prima di tutto ad accomunarli c’è un rapporto stretto con la montagna, la dedizione nel proprio lavoro, il rispetto per l’ambiente e gli animali della montagna, la gioia di condividere momenti semplici, a volte duri per la fatica, ma sempre intensi per le emozioni che regalano. La storia di Armando e del suo rifugio ci insegna che in montagna la vita non è semplice ma può dare grandi soddisfazioni.