Magic mountain collective

Folco Terzani - Interview

Scrittore e appassionato di montagna, figlio del giornalista e scrittore Tiziano Terzani e di Angela Staude, Folco Terzani ha vissuto la sua infanzia nei paesi in cui suo padre era stato inviato: Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo, Bangkok e Nuova Delhi. Ha frequentato le scuole in Cina, poi si è laureato in letteratura moderna a Cambridge e successivamente si è iscritto alla New York University Film School. Affascinato dall’Asia, ha anche girato un film sull’Himalaya Sadhus. Nel 2006 ha curato il libro di suo padre “La fine è il mio inizio”. Ha scritto diversi libri, tra cui “Il Cane, il Lupo e Dio” in cui si parla della Montagna Magica ed è perfino illustrata, ed è uscito anche in Germania e Inghilterra.
Folco Che cosa significa per te la montagna?
«E’ il ritiro e la libertà. Qui non ci sono confini, non ci sono case con il proprio giardinetto (recintato), non c’è molta proprietà privata. In un minuto sono nel bosco ed appartiene a tutti, è pieno di caprioli, cinghiali, gufi, lucertole e bisce, per questa ragione è come una porta magica dalla quale entrare nella terra. Il mare è diverso perché di solito è una spiaggia piena di gente, invece in montagna puoi essere solo, che è una splendida cosa. Solo con quella grande forza creatrice da cui veniamo».
Quali sono i luoghi di montagna, in Italia e nel resto del mondo, ai quali sei più legato?
«Sono affezionato al posto dove vivo perché conosco gli alberi da quando sono piccolo, sono cresciuto con loro, le mie mani conoscono la terra perché l’hanno presa e modellata, hanno piantato semi e hanno fatto una ciotola da cui mangiare. Ho visto qui evolvere il mondo contemporaneo con la partenza di tante famiglie che ci vivevano e l’arrivo di numerosi animali che prima non c’erano, quando i campi erano coltivati, ma adesso che è tutto abbandonato e gli anziani si lamentano del decadimento, si trova una nuova bellezza nel selvatico che è tornato. E poi mi piace molto l’Himalaya indiana, verso le fonti del Gange, dove sgorga un rigagnolo gelido da una grotta azzurrina di ghiaccio. Quel luogo è definito sacro solo perché è così splendido e quelle valli altissime e nascoste, dove vivono ancora persone in grotte e in villaggi dove non arriva la strada, e se prova ad arrivare viene spazzata vie dalle prime piogge, perché i pendii sono troppo ripidi, perch devono sempre rimanere dei posti dove quello che si chiama “il mondo” non arriva. “Il mondo” è solo il mercato».
La pandemia ha obbligato la gente a restare in casa isolata. Ora la montagna sta offrendo una nuova possibilità di tornare a respirare. Come dovremo comportarci?
«Qui molti montanari sono stati quasi contenti della pandemia, certamente del “lockdown”. Il cielo è diventato così azzurro che sembrava una favola, e non era più solcato da quelle brutte scie velenose degli aeroplani, dal rombo disturbante dei loro motori. Le orecchie sentivano meglio ogni canto che saliva dal bosco. C’è chi ha persino detto che sperava che il lockdown durasse un altro anno intero. Le città sono diventate dei deserti. La montagna è diventata più viva e allegra. In un certo senso è stata vissuta anche come una piccola rivincita da chi ha creduto sempre nella natura, anche quando le città diventavano sempre più forti e la deridevano. Penso che in questi mesi chi è rimasto chiuso in casa abbia pensato al verde, all’aria fresca, alla libertà di un cielo sopra la testa, invece di tutto quel cemento dappertutto, dove non cresce niente a parte la muffa malefica dei cartelloni pubblicitari pieni delle loro menzogne. Adesso la gente di montagna è cauta verso l’arrivo dei cittadini. Bisogna arrivare pian piano, con la voglia di ascoltare e imparare».
Tiziano Terzani e le sue montagne. Che cosa lo attraeva di più dell’ambiente della montagna?
«Anche lui cercava e trovava in montagna libertà e solitudine. E il contatto con le cose più grandi».
Hai collaborato con l’illustratore Nicola Magrin. Che cosa ti piace di più del suo modo di disegnare?
«Nicola dipinge come un pittore cinese che ha una tecnica occidentale. Coglie l’essenziale in pochissimi tratti, per cui per cui sembra che ritragga l’anima delle cose, invece che i colori della loro superfice. E poi ha una sensibilità per le montagne, le albe, i lupi e i corvi. Mi sembra molto moderno il suo stile, mostrando meno riesce a comunicare di più».
Written by Guido Andruetto